infcartoon“Chi non sia mai stato punto dalle graziose api alzi una mano. Chi pensa che la puntura delle api sia una magica occasione per migliorare la nostra salute, alzi una mano”. Talvolta gli incontri pubblici dell’Associazione di Apiterapia con apicoltori e amanti della natura iniziano così. Certo le risposte variano, ma in generale alla prima domanda non si alzano troppe mani, alla seconda, sembra assurdo, qualcun’in più.

Saggiamente, la speranza di non essere punti durante i lavori in apiario favorisce la protezione a tutte quelle pratiche che ne riducano il rischio. Salvo nei casi in cui il risultato della puntura è neanche simile a quella di una zanzara, un certo grado di dolore, rossore, tumefazione e gonfiore ricordano tutti i passi dell’avvio di una risposta infiammatoria. Un divertente schema è quello riportato qui in basso (1).

Questa, in casi limitati ma sempre possibili, può tracimare in una reazione eccessiva dell’organismo, e condurre alla reazione Anafilattica. Dalle informazioni retrospettive, basate sulle notizie giornalistiche (3,4), gli esiti tragici sono determinati, preponderantemente, dalle allergie alimentari, seguiti da reazioni indotte da farmaci e da punture d’insetti e simili (vespe, api e zecche).

In una fase iniziale di shock anafilattico ci sono accorgimenti che, ci auguriamo, le Associazioni di Apicoltura Nazionali vogliano iniziare a proporre obbligatoriamente nei corsi di apicoltura ai propri associati, in quanto ogni apicoltore dovrebbe conoscere, attraverso dei corsi specifici tenuti da medici specializzati, i mezzi di soccorso per i soggetti esposti al rischio di puntura. Sapere esattamente come riconoscere i primi sintomi e come comportarsi fino all’arrivo dei soccorsi potrebbe fare la differenza fra la vita e la morte e purtroppo questo aspetto della professione di apicoltore spesso non è preso nella giusta considerazione. Come Associazione Italiana Apiterapia abbiamo posto la massima attenzione sullo shock anafilattico; corsi d’istruzione sul “che fare” con medici oppure operatori sanitari sono finalmente stati avviati da varie Associazioni di Apicoltori. Ciò è importante perché, purtroppo, è stato dimostrato che lo shock anafilattico si può verificare anche in soggetti che, esposti spesso a punture d’api, avevano in precedenza mostrato bassa reattività all’infiammazione procurata con la puntura. E stiamo parlando solo di api, senza considerare l’invasione delle vespe, indigene e no, in certe aree italiane.

Fatta questa lunga premessa rivolta a sgombrare il campo da rischi di fraintendimento, passiamo a vedere i lati positivi del veleno d’ape dimostrati scientificamente ed i campi di applicazione; tanti apicoltori sanno che la puntura non è poi un male in assoluto. Vediamo il perché.

Nella ricerca di farmaci antinfiammatori sempre più potenti si è passati a sperimentare anche i veleni di varie origini; quello dell’ape, forse perché questo insetto è stato “addomesticato”, ha sempre interessato molti ricercatori per l’economicità e la, generalmente facile, gestione degli episodi negativi. Crotali e simili non danno scampo.

Iniziamo con il ricordare che il veleno d’ape è un complesso di sostanze di natura diverse: per la maggior parte proteine ad alto e basso peso molecolare (peptidi); con l’analisi gas-cromatografica associata alla risonanza magnetica, sono state isolate 102 proteine, tra queste molti enzimi, e peptidi, molecole formate da pochi aminoacidi (6). Un lavoro scientifico di dieci anni fa (7) riporta, oltre a queste molecole, composti organici con atomi di azoto (ammine) e “non peptidi”, tra i quali il fruttosio, glucosio, sali minerali e feromoni.  In quella ricerca si prospetta l’uso del veleno nelle dermatiti atopiche, vale a dire quelle infiammazioni della pelle che, in casi sempre più frequenti, sono trattate con ciclosporina (un farmaco ad azione immunosoppressiva). Gli esperimenti condotti dimostravano che il veleno d’ape riusciva a stimolare la produzione di una proteina della pelle (filaggrina) che migliora l’effetto di barriera della pelle, organizzando al meglio la presenza di cheratina (delle proteine che contribuiscono al tono della pelle) e quindi l’idratazione dermica. Se fate una ricerca sulla filaggrina, vedrete quante nuove creme per la pelle la contengono. Nello stesso lavoro scientifico, i ricercatori mostravano che la somministrazione di veleno (non in eccesso) provocava un’azione antinfiammatoria (inibizione delle citochine e di fattori inducenti infiammazione nei tessuti, come il TSLP, prodotto proprio dalle cellule della pelle). Questi effetti si sospettavano determinati dalla melittina, una delle sostanze maggiormente presenti nel veleno. Ma nel veleno sono state scoperte nel tempo alcune interazioni tra le molecole, determinate anche da quelle minuscole e in poco concentrate, per cui si può ben dire che è la sinergia tra di loro a rendere efficace la puntura.

Negli ultimi anni, l’infiammazione cronica è stata indicata come uno dei fattori rischio per l’esordio del cancro. Lo stesso gruppo di ricercatori coreani, impegnati nello studio sopra riportato, aveva dimostrato che il veleno d’api (e l’apipuntura in generale, grazie all’esperienza della medicina tradizionale cinese con l’agopuntura) poteva stimolare i recettori oppioidi endogeni, prodotti cioè dal nostro stesso organismo, localizzati a livello spinale e centrale; oltre a ciò notavano che si influenzava positivamente l’attività adrenergica (effetti simili a quelli indotti dall’adrenalina). Tutte queste azioni producono un calo delle sensazioni dolorifiche. Questo potrebbe essere la spiegazione della riduzione dei dolori muscolari e scheletrici, osservata in un buon numero di casi in cui l’infiammazione da acuta diviene cronica.

I ricercatori ipotizzavano che alcune molecole del veleno riuscissero a modulare un’importante proteina presente nell’organismo (la NF-kB) che controlla la produzione di citochine; queste ultime sono delle proteine che stimolano le cellule a reagire verso modifiche esterne, come nel caso d’infiammazioni e malattie autoimmuni. Quest’azione è da ricordare per comprendere le potenzialità del veleno.

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https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Stechende_Biene_12a.jpg

Si sono dovuti aspettare anni per comprendere come mai piccole dosi di veleno potessero avere azioni antinfiammatorie. Questo effetto sembra risiedere in una molecola del veleno che è la Fosfolipasi A2 (8), (un enzima che tempo fa era valutato molto tossico per l’organismo umano, poiché citolitico) ma la complessità delle interazioni tra le numerose molecole e la scoperta di altre, passate prima inosservate per le tecniche in precedenza impiegate, merita nuove indagini. Comunque un’indicazione si potrebbe assumere: agire con prudenza con le punture d’ape, giacché l’eccesso potrebbe indurre infiammazioni in vari organi. Il veleno d’ape si usa da molti anni in omeopatia (cioè con diluizioni estremamente alte), come il preparato Apis, per trattare gli edemi e infiammazioni dolorose. Un caso?

La ricerca coreana (9) ha potuto mostrare che il veleno agirebbe contrastando la dermatite atopica. Come vedete, dopo anni di valutazioni e decine di studiosi, si è sollevato il velo su come agisce il veleno nella cute irritata: con bassi dosaggi (inferiori a 100 nanogrammi per millilitro) esso agisce diminuendo le citochine infiammatorie nei cheratinociti umani in un modo simile a quello che si osserva in vitro in tessuti infettati dal batterio Propionibacterium acnes, agente d’infiammazioni della cute.

Se nella lettura di quest’articolo siete arrivati qui, vi sarete domandati perché si è scritto tanto sugli effetti sulla pelle.

Una delle risposte è che la pelle comunica velocemente, a chi sa interpretare bene questi segnali, patologie profonde ed in anticipo rispetto ai metodi tradizionali, vedi l’invenzione del MIT di un robot che analizzare la pelle punto-punto(10); un’altra è che si apre, attraverso questi studi, uno spiraglio sulla comprensione di osservazioni “storiche”: la capacità di modulare positivamente stati infiammatori che, se protratti, inducono reazioni immunologiche anche gravi, come quelle autoimmuni. Interessante la ricerca (11) eseguita su cavie in cui si era indotta un’artrosi e che la somministrazione di veleno d’ape con o senza esperidina (un flavonoide di cui è ricca la buccia degli agrumi) produceva, in modo significativo, una riduzione dell’infiammazione, agendo anche a livello immunologico.

Da questo punto comprenderete quali sviluppi abbia il veleno: si sono avanzati studi su possibili effetti su altre patologie, come il morbo di Parkinson (12,13,14), l’Alzheimer (15) o come potenziamento di farmaci anticancro (16). Già in precedenti articoli si era riportata la ricerca sugli effetti del veleno d’ape nel morbo di Lyme o borreliosi, che in questo caso sembra svolgere attività antimicrobica (17). Si riportano queste ricerche per evidenziare in quanti settori il veleno d’ape possa agire beneficamente, tenendo in mente che anche i processi immunologici atipici possono essere fonte di neoplasie, come i premi Nobel per la Medicina 2018 hanno evidenziato (18,19).

Sembra quindi indispensabile avviare una seria sperimentazione anche in Italia, e, alla luce dei rischi e delle potenzialità del veleno d’ape, agire consapevolmente. In questo settore, auspicabilmente con la collaborazione di Apimondia, delle Associazioni degli Apicoltori e di Enti di Ricerca Scientifica, l’Associazione Italiana di Apiterapia si sta muovendo per avviare un percorso per il riconoscimento di questa tecnica in ambito clinico. Nel frattempo, come già accennato all’inizio dell’articolo, risulta quanto sia importante impegnarsi per rendere consapevoli gli apicoltori in primis dei rischi che il veleno può comportare anche in persone, come loro, soggette a frequenti punture (l’allergia si può manifestare in qualsiasi momento). La divulgazione anche al pubblico è importante per aumentare la diffusione di questa conoscenza per sfruttarne i potenziali benefici senza dimenticare la sicurezza; da qui l’importanza di una regolamentazione sull’uso del veleno e sulla gestione dei rischi.

Immagini:

  1. https://vet.uga.edu/ivcvm/courses/VPAT5200/03_inflammation/01_intro/inflamm01.htm
  2. https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Stechende_Biene_12a.jpg

Riferimenti:

  1. http://www.nursetimes.org/infiammazione-cronica-cause-sintomi-cosa/12218
  2. http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/articoli/1112718/morti-per-shock-anafilattico-in-media-10-all-anno.shtml
  3. http://www.adnkronos.com/salute/2017/04/08/cibo-uccide-italia-morti-anno-per-choc-allergia_nCocgg3B0HKqqmaJ8k48PK.html
  4. https://web.uniroma1.it/spec_medint/sites/default/files/ANAFILASSI%20-%20Dott.ssa%20Magrini%20e%20Dott.%20Spuntarelli.pdf
  5. http://eknygos.lsmuni.lt/springer/514/17-27.pdf
  6. Sakib Hossen, Ummay Mahfuza Shapla, Siew Hua Gan, Md. Ibbrhim Khalil “Impact of Bee Venom Enzymes on Diseases and Immune Responses” Molecules 2016.
  7. DJ Son , JW Lee, H.S. Song, CL Lee, JT Hong “Therapeutic application of anti-arthritis, pain-releasing, and anti-cancer effect of bee venom and its constituent compounds” Pharm. Ther. 2007
  8. Cherniack, S.Govorushko “To bee or not to Bee: the potential efficacy and safety of Bee Venom acupuncture in humans” Toxicon. 2018
  9. Hyemin Gu,Woon-Hae Kim, Hyun-Jin An, Jung-Yeon Kim, Mi-Gyeong Gwong, Sang Mi Han, Jaechan Leem, Kwan-Kyu Park “Therapeutic effects of bee venom on experimental atopic dermatitis” Mol.Med. Reports 2018
  10. http://www.lastampa.it/2018/10/08/tecnologia/skinbot-il-robot-indossabile-del-mit-che-cammina-sul-corpo-EQbveDNYnLzoMG7FVsva7I/pagina.html
  11. Hamed, H. Fahim, A. Mahmoud, E. Ahmed “Bee Venom and Hesperidin Effecively Mitigate Complete Freund’s Adjuvant-Induced Arthritis via Immunomodulation an Enhancement of Antioxidant Defense System” Arch. Rheumatol. 2018
  12. Alvarez-Fischer, C. Noelker, F. Vulinovic, A. Grunewald, C. Chevarin, C. Klein, W. H. Oertel, E. C. Hirsch, P. P. Michel, A. Hartman “Bee Venom and its component Apamin as Neuroprotective Agents in Parkinson Disease Mouse Model” Plos One 2013
  13. Awad, A.I. Abushouk, A. H. Abdelkarim, Maged Mohammed, A. Negida, A.S. Shalash “Bee Venom for the treatment of Parkinson’s disease: how far is it possible?” Biomedicine and Pharmacotherapy 2017
  14. Seung-Yeon Cho, Young-Eun Lee, Kyeong-Hee Doo, Woo-Sang Jung, Sang-Kwan Moon, Jung-Mi Park, Chang-Nam Ko, Ho Kim, Hak Young Rhee, Hi-Joon Park, Seong-Uk Park “Efficacy of Combined Treatment with Acupuncture and Bee Venom Acupuncture as an Adjunctive Treatment for Parkinson’s Disease” J. of Altern. And Compl. Med. 2018
  15. Minsook Ye, Hwan-Suck Chung, Chanju Lee, Moon Sik Yoon, A. Ram Yu, Jin Su Kim, Deok-Sang Hwang, Insop Shim, Hyunsu Bae “Neuroprotective effects of Bee Venom Phospholipase A2 in the 3xTg AD mouse model of Alzheimer’s disease” J. of Neuroinflammation 2016
  16. A.A. Khamis, EMM. Ali, Maa El-Moneim, Abd-Alhaseeb MM, El-Magd MA, Salim El “Hesperidin, Piperine and Bee Venom synergistically potentiate the anticancer effect of Tamoxifen against Breast Cancer Cells” Biomed Pharmacother. 2018
  17. M. Soccarras, P. A.S. Theophilus, J. P. Torres, K. Gupta, E. Sapi “Antimicrobial Activity of Bee Venom and Melittin against Borrelia burgdorferi” Antibiotics 2017
  18. P.R.Bally, Peiyuan Lu, Yan Tang, J.W.Austin, C.D.Scharer, Rafi Ahmed, J. M. Boss “NF-κB regulates PD-1 expression in macrophages” J. Immunol. 2015
  19. https://www.lastampa.it/2018/10/01/cultura/il-nobel-per-la-medicina-a-allison-e-honjo-per-limmunoterapia-contro-i-tumori-Wre8oGHW3u34si4kVPavfK/pagina.html
a cura di dr. Pietro Paolo Milella e dr.ssa Laura Cavalli