Il 20 maggio si celebra la Giornata mondiale delle api per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla loro importanza e per chiedere azioni concrete per la loro tutela. La giornata è stata istituita dalle Nazioni Unite nel 2017 ed è stata festeggiata per la prima volta il 20 maggio 2018. La scelta della data non è casuale in quanto nell’emisfero boreale maggio è il mese centrale per l’impollinazione mentre nell’emisfero australe corrisponde alla raccolta del miele ed alla lavorazione dei suoi derivati. Nello specifico, il 20 maggio 1734 è nato lo sloveno Anton Janša (1734–1773), uno dei pionieri della moderna apicultura.

Conosciamo bene il ruolo fondamentale per l’ecosistema che le api svolgono: sono insetti impollinatori che garantiscono la riproduzione di molte piante, essenziali per la biodiversità e per la sicurezza alimentare.

Quest’anno vorremmo raccontare brevemente come, nella storia, le api sono state viste, descritte e cristallizzate da poeti, filosofi ed intellettuali.

Nelle Georgiche di Virgilio, le api sono un modello di saggezza, ordine e organizzazione comunitaria. Sono immuni all’Eros, fedeli alla loro casa e al loro sovrano e disposte al sacrificio.

Il medico e filosofo olandese Bernard de Mandeville (1670-1733) scrisse “La favola delle api: vizi privati e pubbliche virtù”, forse per assolvere in qualche modo i vizi umani, compresi i propri. Secondo il peculiare spirito dell’autore, i vizi privati sostentano le virtù pubbliche, proprio come fanno le api nell’alveare. Ciascuna si occupa di un lavoro particolare, che armonizzato produce il miracolo del miele. Gli uomini, conclude de Mandeville, non dovrebbero perciò vergognarsi di avere dei vizi, perché sono cose naturali che non contraddicono i bisogni della comunità.

A Karl Marx, filosofo tedesco e teorico del comunismo, non sfuggono le api e la loro naturale laboriosità perché servono ad un confronto con l’operare umano: il processo lavorativo umano approda a un risultato che già preesiste idealmente nel cervello del lavoratore.

Emily Dickinson, poetessa statunitense vissuta nella seconda metà dell’800, amò profondamente le api perché vedeva in loro il mistero della primavera che risveglia nello spirito il desiderio di vita e di bellezza.

La scoperta del “matriarcato” delle api ha incoraggiato una letteratura di genere. Nella poesia “La riunione delle api” di Sylvia Plath (1932-1963), l’alveare diventa il simbolo della società femminile opposta a quella patriarcale che con violenza ruba il miele e viola il segreto di un mondo totalmente diverso da quello maschile.

Nel 1918 Federico Garcia Lorca scrive parole bellissime per descrivere il miele:

Dolcissimo. Dolce. Questo è il tuo aggettivo.

Dolce come il ventre di una donna.

Dolce come gli occhi dei bimbi.

Dolce come le ombre della notte.

Dolce come una voce.