In un testo di alimentazione ben conosciuto perché sembrava, qualche anno fa, prossimo all’eresia (1) era raccomandato tra i rimedi per la stipsi. Era il 2004. Un anno dopo il miele guadagnava l’attenzione in un trattato entusiasmante (2) come “alimento terapeutico che risale ad epoche preistoriche”. Anche in libri coraggiosi più recenti (3) al miele viene relegato un ruolo di misera comparsa perché, come in tanta letteratura scientifica, relegato tra i dolcificanti e così assimilato al “velenoso” zucchero bianco, allo sciroppo di fruttosio e glucosio, allo “spregevole” HCFS (high-fructose corn syrup) eccetera. Certo che in un’epoca di diffusione del sovrappeso corporeo, senza parlare del diabete e cardiopatie, la vigilanza sugli abusi di dolcificanti è doverosa.
Così, fatte le giuste premesse, guardiamo anche quanto il miele possa contribuire a condurci sulla strada di una riscoperta della sana nutrizione, base da cui partire per riavviare il processo di riequilibrio organico.
Lo scorso anno (4), in un incontro sul miele promosso da una nota Azienda italiana di agricoltura biologica, il dottor Berrino, celebre medico ed epidemiologo italiano attivissimo nella educazione preventiva oncologica, proponeva una visione più ampia, raccogliendo le sollecitazioni provenienti dalla nuova letteratura scientifica sul miele e i prodotti apistici in generale (polline, propoli e veleno, solo per citarne alcuni). Il miele è più sano dello zucchero, ma sembra ancora da guardare con molta perplessità. Vengono però alla luce alcune caratteristiche poco note: “Mangiando il miele possiamo beneficiare delle sue sostanze protettive antinfiammatorie e antisettiche”. Ed anche “Esistono anche studi sugli animali che mostrano come il miele sia in grado di abbassare la glicemia in caso di diabete”. In effetti era stato già dimostrato da qualche anno prima (inizi degli anni 2000) l’efficacia del miele come antinfiammatorio e antisettico e nel 2011 (5) come sia utilizzabile come alimento in affiancamento alla terapia anti-iperglicemica (metformina e glibenclamide) forse proprio per il contenuto di fruttosio (6), come alcune meta-analisi portano a credere (7), o per la naturale capacità di rimozione dei radicali liberi (ROS). Anche la presenza degli oligosaccaridi, in particolare i fruttosio-oligosaccaridi (FOS), già in passato ritenuti inutili perché indigeribili, mostravano di essere un motivo di miglioramento della condizione di iperglicemia per induzione della flora intestinale (in particolare Bifidobatteri e Lattobacilli) ad un rinnovato riequilibrio (8), tanto evidenti da considerare solo per questo un alimento prebiotico.
La sperimentazione su topi resi obesi (9) e in seguito alimentati con miele (di Acacia e di Malaleuca Cajuputi) ha evidenziato una riduzione del peso e del grasso (oltre a un rientro rapido nei valori enzimatici e lipidici a livello sierico) anche meglio dell’impiego di una lipostatina (che mostrava epatossicità), e altri studi (10) descrivono un miglioramento a livello renale.
Le ipotesi sul come il miele possa indurre questi effetti sembrano risiedere sulla capacità di ridurre le attività dei ROS (radicali liberi) in generale grazie alla presenza dei polifenoli, soprattutto in mieli poco filtrati (row/natural honey); queste evidenze, scaturite dalle ricerche sulla riepitelizzazione delle ferite (incluse ustioni e ulcere diabetiche) e su tumori, mostrano una migliorata nutrizione cellulare con riduzione degli indicatori infiammatori quale il IL4 (11), dei fattori di angiogenesi come il TNF-α, Il-6, IL-1β, TGF-β1 and VEGF (12).
Come indica il dottor Berrino, il miele ha modalità di consumo più funzionali (come in abbinamento formaggi, tipiche delle culture orientali o con tapas di legumi) rispetto alla dolcificazione delle bevande; la cucina italiana lo ha introdotto come “dressing” con l’olio EVO in emulsione per carne o pesce.
Consumarlo con lo yogurt a primo mattino, o allo spuntino delle 10, oppure prima di andare a letto, come induttore della Melatonina, è quasi una scelta individuale e salutistica. Che sia il raro miele di Corbezzolo o di Melata, di Agrumi o di Timo, liquido o solidificato godiamocelo. In ogni caso mai scaldato (oltre i 40°C) per gustarne il sapore e goderne i favori biologici che la ricerca scientifica continua a scoprire.
a cura del dr. Pietro Paolo Milella, biologo, naturopata, consulente di apiterapia.
Bibliografia
- Arcari Morini, A.D’Eugenio, F. Aufiero “BIOTERAPIA NUTRIZIONALE” Ed. RED!
- Arcari Morini, A.D’Eugenio, F. Aufiero “IL POTERE FARMACOLOGICO DEGLI ALIMENTI” Ed. RED!
- Berrino “IL CIBO DELL’UOMO” Ed. Franco Angeli
- http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/franco-berrino-vi-spiego-perche-il-miele-e-piu-sano-dello-zucchero
- Erejuwa OO, Sulaiman SA, Wahab MS, Sirajudeen KN, Salleh MS, Gurtu S “Glibenclamide or metformin combined with honey improves glycemic control in streptozotocin-induced diabetic rats.” Int J Biol Sci. 2011
- Omotayo O. Erejuwa *, Siti A. Sulaiman and Mohd S. Ab Wahab “Fructose Might Contribute to the Hypoglycemic Effect of Honey” Molecules 2012
- John L. Sievenpiper et AA.“Relation of total sugars, fructose and sucrose with incident type 2 diabetes: a systematic review and meta-analysis of prospective cohort studies” CMAJ 2017
8) Robert A. Rastal et AA “ In Vitro Investigation into the Potential Prebiotic Activity of Honey Oligosaccharides” J. Agric. Food Chem. 2005
- Wan Iryani Wan Ismail Et AL. “Four-Week Consumption of Malaysian Honey Reduces Excess Weight Gain and Improves Obesity-Related Parameters in High Fat Diet Induced Obese Rats” Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine 2017.
- Erejuwa OO, Gurtu S, Sulaiman SA, Ab Wahab MS, Sirajudeen KN, Salleh MS. “Hypoglycemic and antioxidant effects of honey supplementation in streptozotocin-induced diabetic rats”. Int J Vitam Nutr Res. 2010
- Alangari A.A. et Al. “Honey may help Treat Dermatitis” Immun. Inflam. Dis. 2017
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