pelle soleLe nostre care api sono in procinto di affrontare il caldo estivo e noi? Noi forse. Il sole e le calde giornate ci spingono però verso il solito armadietto, dove, tra una confezione di colluttorio e cerotti, troviamo le creme della scorsa estate. Felici di aver gabbato così l’emergenza spiaggia senza ombrellone e le sgradevoli ustioni solari seguenti, allunghiamo nella nostra borsa questi flaconi dai colori sgargianti, arricchite di promesse di splendide abbronzature tropicali. Ahinoi, saranno e le bollicine pruriginose, la pelle arrossata e dolorante a farci scoprire la scadenza degli ingredienti delle creme.

Rimedi? Per chi ha delle api o il loro miele sì. Per quanto possa sembrare strano, le performance del miele come rimedio alle ustioni sono ottime. Certo spargersi del buon miele cristallizzato sulla pelle irritata non è il massimo, ma siamo a ridosso della raccolta del prodotto fresco e lo troveremo probabilmente ancora liquido.

Proviamo a stendere il miele sulla cute. Melata o acacia, agrumi o millefiori son pari. Se c’è qualche piccola infezione la melata o il castagno, e perché no il miele di grano saraceno e il raro corbezzolo potranno aiutarci. Ricordiamoci sempre di verificare il più possibile che siano ben prodotti (dalle api e dal loro apicoltore), senza essere stati “scaldati” per miracolarli della loro naturale cristallizzazione.

Che questa esperienza non sia solo frutto dei nostri vecchi amici apicoltori, che qualcuno già assimila ai prodigiosi pescatori di “trote-balene” in lago, è quello che alcuni ricercatori affermano.

Altre caratteristiche del miele in cosmetica sono quelle di veicolare con grande efficacia le molecole bioattive degli oli essenziali (forse più degli oli veicolanti) e dei fiori di Bach; ciotola fioriquesta ultima tecnica è utilissima in Naturopatia e nelle discipline olistiche per rafforzare le soluzioni individuate per il riequilibrio energetico. Nella foto: il metodo solare indicato da Bach per la produzione dei preparati floreali.

Se parliamo dalle scottature (in alcune ricerche si parla di ustioni fino al secondo grado), le prime ricerche risalgono alla verifica delle azioni positive chele medicine tradizionali attribuiscono al miele. La scuola di Ippocrate di Chio, quella romana con Plinio il Vecchio, la medicina araba tradizionale (detta Unani Tibb o Ionica), l’Ayurveda e quella cinese (MTC) ne riportavano le virtù medicamentose. In un articolo del 2014 (1), il ricercatore elencava le esperienze storiche dai lontani Sumeri. Poi passava a elencare le pletoriche fonti della letteratura scientifica al riguardo, rimarcando gli effetti antinfettivi, antinfiammatori antiessudativi, antiossidanti e cicatrizzanti. Il professor Zbuchea riportava, che, anche quando la concentrazione del miele nelle ferite arriva all’1% (dico uno per cento) esso agisce come attivatore dei monociti (cellule del sangue immunitarie) nella produzione di sostanze bioattive di difesa, le citochine. Le citate inibine del miele, cioè sostanze che bloccano lo sviluppo batterico, sarebbero in realtà vari enzimi che producono verosimilmente perossido d’idrogeno (acqua ossigenata), prodotti dalle ghiandole ipofaringee delle api. Sarebbe proprio questo lo stimolo maggiore, sempre secondo il ricercatore rumeno, a risanare le ferite: le molecole d’acqua presenti nelle ferite sono utilizzate, insieme alla variazione del pH, per attivare gli enzimi, che in quell’ambiente. La maggior parte dell’acqua presente nel miele sembra, infatti, legata alla componente dei carboidrati, e l’osservazione che risale al 1919 che le diluizioni ne migliorino le capacità battericide, risiederebbe proprio nel favorire l’attività della glucosio ossidasi, con la produzione di perossido di idrogeno (o di una molecola fortemente ossidante).

Quanto descritto dal ricercatore rumeno è potenziato da molecole non perossidanti quali il metilgliossale, le melanoidine e la defensina-1, che nel 2010 ricercatori olandesi avevano scoperto e dimostrato dotate di attività antibiotica (2). Le melanoidine sono molecole da nome strano ma che conosciamo bene (3): quando vediamo la crosta dei panini o delle patatine fritte e ci sembrano ben cotte per le colorazioni brunastre, beh, non facciamo altro che apprezzare queste macromolecole (reazioni di Maillard). Il miele naturalmente le contiene, forse per reazioni enzimatiche che coinvolgono aminoacidi e zuccheri, e possono contribuire a colorarlo e insaporirlo. Queste grosse molecole hanno dimostrato capacità di proteggere le membrane dei mitocondri (vere e proprie centrali energetiche cellulari), come riportato da una splendida ricerca italiana del 2012 (4).

Il metilgliossale, molecola molto presente nel miele di manuka (5), si è rilevato presente in altri mieli (6), come per esempio quello di melata. E’ una molecola che deriva dal mondo vegetale ed è dotata di attività insospettate, giacché, in teoria, era valutata come dannosa per i mammiferi. Presenta, in effetti, buone qualità antibiotiche mirate e cicatrizzanti (7). Sembra inoltre che sia una molecola che riesce a penetrare la protezione gelificata delle colonie batteriche (biofilm) e ad agire poi come antibiotico.

In un recente lavoro scientifico sui mieli della Corsica (8) è stato riscontrato che era proprio la formazione di acqua ossigenata a inibire fortemente la crescita di batteri (Pseudomonas), attraverso l’azione demolitrice della membrana dei plasmidi batterici. Questi ultimi sono piccoli filamenti di DNA batterico che possono essere scambiati tra batteri simili e non, conferendo così specificità nuove in batteri che sarebbero dovuti essere immutabili geneticamente. Questa capacità del miele è rilevante perché potrebbe ridurre la variabilità della resistenza agli antibiotici che si presume sia dovuta allo scambio dei plasmidi tra batteri.

Migliorando le tecnologie per le analisi chimiche, anche il miele ha mostrato (9) di possedere nuove molecole che potrebbero spiegarne l’efficacia antibatterica e antiossidante : i menachinoni (sostanze simili alla vitamina K2), sostanze che hanno svariate attività biologiche tra le quali quella antineoplastica e di protezione vascolare.

Torniamo sulle scottature. In un recente lavoro scientifico (10), si riportano ricerche sulle attività antinfiammatorie indotte dal miele; di talune azioni sono ancora da scoprire le molecole che avviano questo processo. L’inibizione da parte del miele delle ciclossigenasi, enzimi importanti nella sintesi delle prostaglandine coinvolte nei processi infiammatori (similmente a ciò che succede quando prendiamo un’aspirina) è uno dei tanti motivi che lo rendono utile, anche per ridurre il dolore e la formazione di pustolette.

Una ricerca basata sullo studio di pubblicazioni scientifiche, su base mondiale, per evidenziare l’efficacia del miele nelle ustioni (11) evidenzia una migliore efficacia del prodotto apistico senza gli effetti tossici (azione per altro antibatterica) rispetto alle pomate a base di argento fin ora impiegate; dello stesso avviso è una successiva sperimentazione (12), che propone un unguento costituito da olio di sesamo, di canfora e miele per le ustioni di secondo grado, annotando che la formazione del nuovo epitelio e la sua vascolarizzazione sono evidenti dalle prime applicazioni.

Nei corsi di Apicosmesi, svolti dall’Associazione di Apiterapia, sulla scia delle esperienze di altri Apiterapisti europei ed asiatici, il massaggio della pelle con il miele è una piacevole riscoperta. Tutte le doti idrofile di questo prodotto naturale, quando ben impiegato, con l’insegnamento di docenti qualificati, contribuiscono a migliorare le risposte della cute, con effetti  molto interessanti. Con opportune tecniche, i risultati sono visibilmente rapidi e lo possono candidare tra le più valide soluzioni eudermiche.

a cura del dr. Pietro Paolo Milella biologo, naturopata, consulente di apiterapia

Riferimenti:

  1. Zbuchea A. “Up-to-date use of Honey for burns treatment” Annals of Burns and Fire disasters 2014
  2. Kwakman P.H.S. et Al. “How Honey Kilss Bacteria” The FASEB Journal 2010
  3. He-Ya Wang, He Qian, Wei-Rong Yao “Melanoidins produced by the Maillard reaction: Structure and Biological Activity” Food Chem. 2011
  4. Cossu A., Posadino A.M., Giordio R., Emanueli C., Sanguinetti A.M., Piscopo A., Poiana M., Capobianco G., Piga A., Pintus G. “Apricot Melanoidins prevent oxidative Endothelial Cell death by Counteracting Mithocondrial Oxidation and Membrane Depolarization”Plos One 2012
  5. Molan P., Rhodes T. “Honey: A biologic Wound Dressing” Wounds 2015
  6. Salonen A., Virjamo V., Tammela P., Fauch L., Julkunen-Titto R., “Screening bioactivity and bioactive of Nordic unifloral honeys” Food Chem.2017
  7. Carter D.A., et Al. “Therapeutic Manuka Honey: No longer so Alternative” Frontiers in Microbiology 2016
  8. Poli JP. Et Al. “Key role of hydrogen peroxide in antimicrobial activity of spring, Honeydew maquis and chestnut grove Corsican honeys on pseudomonas aeruginosa DNA” Lett. Appl Microbiol. 2018
  9. Kim L., Brudzynski K., “Identification of menaquinones (vitamin K2 homologues) as novel constituent of honey” Food Chem. 2018
  10. Khan SU et Al. “Honey: Single food stuff comprises many drugs” Saudi J.Biol. Sci. 2018
  11. Lindberg T., Andersson O., Palm O., Fagerström C., “A systematic review and meta-analysis of dressing used for wound healing: the efficiency of honey compared to silver on burns” Contemporary Nurse, 2016
  12. Vaghardoost R., Et Al. “The Healing effect of sesame Oli, Camphor and Honey on second Degree Burn Wounds in Rat” World J. Plast. Surg.2018