Il miele è stato probabilmente il materiale terapeutico più antico usato dall’uomo per la cura delle sue ferite. Nel mondo antico il miele è stato usato spesso empiricamente per guarire ulcere o piaghe della pelle, in particolare per la cura delle piaghe delle gambe e dei piedi. Queste pratiche iniziali hanno avuto, come ben sappiamo, ampie conferme scientifiche in tempi più recenti. Senza la pretesa di coprire tutta la casistica, si propone una breve rassegna dell’impiego terapeutico del miele lungo la storia.
Il primo riferimento documentato riguarda quanto contenuto nel cosiddetto Papiro Edwin Smith ovvero il più antico trattato di medicina giunto sino ai giorni nostri scritto in ieratico, forma corsiva della scrittura geroglifica, che risale al 1500 aC. In questo testo il miele compare in numerose ricette generalmente impiegato in una miscela formata da una parte di miele e due parti di grasso. Queste pratiche sono state successivamente tramandate a assiri e babilonesi.
Ippocrate, padre della medicina, impiegava una soluzione di miele e aceto per curare i dolori mentre per la sete raccomandava l’idromiele. Per le piaghe impiegava un preparato ottenuto dal miele miscelato all’ossido di rame.
In ambito romano, Plinio il Vecchio (23 – 79 dC) cita l’impiego terapeutico del miele nella sua Naturalis historia e descrive quali tipi di miele impiegavano altri popoli nelle cure. Plinio indica inoltre l’uso della lana per applicare il miele sulle ferite.
In Oriente l’impiego del miele è presente nell’antica medicina cinese e si trova descritto anche nei testi ayurvedici.
Durante l’Impero Bizantino (395 dC – 1.453 dC) l’uso del miele si applicava a numerose cure oltre a quella tradizionale delle ferite. Nel monastero di Pantokratoras (isola di Corfù) si preparavano sciroppi, impiastri, unguenti e preparati vari a base di miele, tutti a scopo medicinale.
Il 12 gennaio 1817 il generale argentino José de San Martin, a capo di 5.000 soldati, iniziava l’attraversamento delle Ande ad altitudini che toccano i 4.000 metri. Un’impresa grandiosa che si è conclusa in tre settimane e che ricorda le gesta di Annibale. Si doveva portare l’indipendenza al Cile ed al Perù; l’impresa si è avverata grazie alle capacità del grande stratega. Sorprende, ma non tanto conoscendo la lungimiranza del generale, il “kit” di erbe e prodotti naturali che San Martin aveva predisposto: zucchero di canna, assenzio, corteccia dell’albero della china (Cinchona spp.), chiodi di garofano, polvere di cannella, zenzero, polvere di rabarbaro, zafferano, semidi lino, burro di cacao e, naturalmente, miele. Sembra, comunque, che i prodotti naturali servissero soprattutto ad arginare i danni dapprima provocati dalle nefaste terapie d’urto, in uso all’epoca, compiute sulle ferite con aggressive sostanze chimiche come vari composti di zolfo, il mercurio protocloruro o il solfato di rame (Rabinovich 2013).
Arrivando a tempi più recenti, nel 1919 è stata dimostrata l’attività antibatterica del miele sul gruppo Salmonella. I soldati russi durante la Prima Guerra impiegavano il miele per guarire le ferrite così come quelli tedeschi lo usavano per lenire ulcere, ferite, bruciature. A volte il miele veniva mischiato a torlo d’uovo e farina per migliorare il contatto con la pelle.
Nella seconda metà del secolo scorso diversi ricercatori hanno dimostrato le proprietà curative del miele nel trattamento di ferite ed ulcere della pelle: Bulman (1955), Armon (1980), Bergman et al. (1983), Jeddar (1985), Efem (1988), McInerney (1990), Somerfield (1991), Tovey (1991, in particolare in ulcere croniche dei lebbrosi), Greenwood (1993, che misse in relazione l’efficacia del miele con le specie vegetali da cui provengono), Molan (1999, 2006), Maddocks (2012, che indica il miele di Leptospermum scoparium, un arbusto originario dell’Australia e la Nuova Zelanda molto impiegato come ornamentale in Italia, nel controllo di Streptococcus pyogenes), Molan e Rhodes (2015), Winter (2016).
Recentemente Saikaly e Khachemoune (2017) hanno fatto una revisione accurata di più di un centinaio di lavori scientifici pubblicati tra il 2010 ed il 2016. Gli studi analizzati dimostrano in modo inequivocabile l’efficacia del miele nella cura di ferite, bruciature, ulcere della pelle, ulcere croniche e infezioni di ferite chirurgiche grazie alle proprietà antimicrobiche ed alla capacità del miele di alterare alcune funzioni fisiologiche ed immunologiche. Inoltre, Saikaly e Khachemoune hanno raccolto evidenze scientifiche sul fatto che i vari tipi di miele possono esercitare effetti diversificati. Nello specifico, elencano una serie di prodotti terapeutici commerciali a base di miele di Leptospermun (manuka), ritenuto particolarmente efficace, approvati dalla severissima Food and Drug Administration degli Stati Uniti.
Va ricordato che l’azione antimicrobica esercitata dal miele (Winter 2016) si raggiunge grazie a una serie di fattori determinanti:
- La bassa umidità contenuta nel miele limita l’accesso all’acqua da parte delle batterie
- L’elevata percentuale di zuccheri fa si che il miele prenda per osmosi l’acqua contenuta nelle batterie
- Il pH basso inibisce la crescita delle batterie
- Il miele interviene in reazioni chimiche che generano acqua ossigenata e ciò consente la distruzione di microbi e aiuta la guarigione
- Si ritiene che la presenza nel miele di defensin-1, un peptide antibatterico, è fondamentale nella distruzione delle membrane cellulari dei batteri.
La maggior parte degli studi citati è scaricabile da internet tramite i link indicati in bibliografia, talvolta è disponibile solo il riassunto.
Bibliografia:
Armon P.J., 1980. The use of honey in the treatment of infected wounds. Trop.Doc.:10
Bergman A, Yanai J, Weiss J, Bell D. David M.P., 1983. Acceleration of wound healing by topical application of honey: an animal model. Amer. J. Surg.:145: 374- 378. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/6837863
Bulman M.W., 1955. Honey as a surgical dressing. MiddxHosp J. 55:188-189
Efem S.E., 1988. Clinical observations on the wound healing properties of honey. Br J Surg. 75(7):679-81. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3416123
Eutuchiadou A., 1983. Introduction to Byzantium healing. Athens.
Gautier P., 1974. The Typicon du Christ Sauveur Pantocrator. Revue des Etudes Byzantine: 37. Greenwood D., 1993. Honey for superficial wounds and ulcers. Lancet.341(8837):90-1.
Jeddar A., Kharsany A., Ramsaroop U.G., Bhamjee A., Haffejee I.E., Moosa A., 1985. The antibacterial action of honey. An in vitro study. S Afr Med J.67(7):257-8. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3983773
Kourkouta L., Rarra A., Fradelos E., Iliadis C., 2013.The therapeutic use of honey from greek antiquity until today. Balkan Military Medical Review 16(4): 456 – 461
Maddocks S.E., Lopez M.S., Rowlands R.S., Cooper R.A., 2012. Manuka honey inhibits the development of Streptococcus pyogenes biofilms and causes reduced expression of two fibronectin binding proteins. Microbiology158(Pt 3):781-90. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22294681
McInerney R.J., 1990. Honey, a remedy rediscovered. J R Soc Med. 83(2): 127. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1292529/
Molan P.C., 1999. The role of honey in the management of wounds. J. Wound Care 8(8):415-8 https://www.magonlinelibrary.com/doi/10.12968/jowc.1999.8.8.25904
Molan P.C., 2006. The evidence supporting the use of honey as a wound dressing. Int. J. Low Extrem Wounds 5(1):40-54 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16543212
Molan P., Rhodes T., 2015. Honey: A Biologic Wound Dressing. Wounds (6):141-51 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26061489
Rabinovich A.M., 2013. Ser soldados en las Guerras de Independencia. La experiencia cotidiana de la tropa en el Río de la Plata, 1810-1824. Buenos Aires, Sudamericana, 216 pp.
Saikaly S.K., Khachemoune A., 2017. Honey and wound healing: an update. American Journal of Clinical Dermatology 18 (2): 237–251
Somerfield S.D., 1991. Honey and healing. J. R. Soc. Med.84(3):179.
Tovey F.I., 1991. Honey and healing, J. R. Soc. Med. 1991 Jul; 84(7): 447. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1293354/
Winter G.F., 2016. The role of bioengineered honey in wound care. Nursing Times 39/40: 15-17. https://www.nursingtimes.net/clinical-archive/tissue-viability/the-role-of-bioengineered-honey-in-wound-care/7011314.article
a cura della dr.ssa Beti Piotto, agronoma, membro dell'Associazione Italiana Apiterapia e dell'Accademia Italiana di Scienze Forestali
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