Un polline, questo, che contiene dei componenti di interesse per l’impiego nelle terapie mediche e cosmetiche mirate al contenimento dell’iperpigmentazione, a patto che siano superati ulteriori test di sicurezza. Lo ha dimostrato uno studio di cui si parla in un articolo scritto dal nostro presidente Aristide Colonna, insieme con l’agronoma Beti Piotto, e pubblicata sulla rivista Apinsieme.
Oggi la nostra pelle è meno protetta e per numerose ragioni, soprattutto legate all’inquinamento dell’aria. Tra i maggiori imputati l’ozono, un gas dell’atmosfera che negli strati alti (stratosfera) contribuisce a proteggere la vita sulla terra perché “filtra” i pericolosi raggi ultravioletti solari. La cosiddetta “cappa di ozono” trattiene e assorbe, tra le altre, le radiazioni a bassa lunghezza d’onda nocive per la vita.
Purtroppo, vi è un progressivo deterioramento dell’ozono stratosferico che è diventato un grave problema perché porta alla so-vra-esposizione alla luce ultravioletta. Negli esseri umani ciò si traduce in una sovrapproduzione di melanina, il pigmento responsabile dell’imbrunimento della pelle, e può condurre a malattie come il cancro della pelle e il melasma, ovvero la comparsa di chiazze scure di pigmentazione in corrispondenza delle aree cutanee esposte al sole, solitamente sul viso.
Di seguito l’articolo completo.
credit foto – https://www.guidaconsumatore.com/erboristeria/polline-di-api.html